L’appello del Papa al Regina Coeli anticipa la Giornata Mondiale della Fibromialgia, che cade il prossimo 12 maggio. Si tratta di una forma comune di dolore muscoloscheletrico diffuso e di affaticamento che in Italia colpisce oltre 2 milioni di persone. La testimonianza di Edith Aldama, infermiera e referente delle malattie reumatiche per la Pastorale della Salute della Diocesi di Roma
Marina Tomarro – Città del Vaticano
Le parole del Papa al Regina Coeli sulla fibromialgia pongono l’attenzione su una patologia sottovalutata e poco conosciuta. “Saluto – ha detto Francesco – le persone affette da fibromialgia. Esprimo la mia vicinanza a auspico che cresca l’attenzione a questa patologia a volte trascurata”. Il 12 maggio le piazze e i monumenti italiani si coloreranno di viola per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni del paziente fibromialgico, sofferente di una patologia che la pandemia ha contribuito ad aggravare ulteriormente. È l’iniziativa “Illuminiamo la Fibromialgia” voluta dall’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica, in occasione della giornata mondiale dedicata a questa invalidante e dolorosa malattia.
Una sofferenza spesso taciuta
Chi si trova a vivere questa malattia spesso, prima di riuscire ad avere la giusta diagnosi, deve attraversare un calvario fatto di molte visite specialistiche, tanti esami clinici, numerosi medici che troppe volte non riescono a capire che cosa succede nella persona. E questa situazione troppo spesso si dilunga anche per vari anni. “La fibromialgia in Italia colpisce due milioni e mezzo di persone”, racconta Edith Aldama, infermiera e referente per le malattie reumatiche della Pastorale della Salute della Diocesi di Roma. “La caratteristica fondamentale di questa sindrome, è il dolore muscolo scheletrico diffuso. Un dolore continuo e intenso, che ci accompagna giorno e notte. Specifico, ‘ci accompagna’, perché anch’io sono una malata fibromialgica. Questa malattia è caratterizzata anche da altri disturbi, come la stanchezza cronica ed altri problemi. Sono proprio queste caratteristiche che la portano ad essere un’affezione molto invalidante”.
Una malattia difficilmente diagnosticabile
Questa patologia colpisce maggiormente le donne, ma anche gli uomini non ne sono indenni, indistintamente dall’età. Si va dall’adolescenza fino alla terza età. “Purtroppo non c’è un protocollo diagnostico terapeutico – continua a spiegare Edith Aldama – e i pazienti si trovano tante volte a non avere un ciclo unico di cure. Le cause non si conoscono ancora: si parla di un’alterazione della soglia del dolore, quindi le cure sono mirate a cercare in qualche modo di alleviare questa sofferenza. Perciò si utilizzano farmaci antidolorifici, ma anche antidepressivi, non perché possa esserci per forza nel paziente una forma di depressione, ma poiché aiutano ad alzare la soglia di sopportazione del dolore. Anche per la stanchezza cronica si utilizzano tanti integratori, però non c’è un vero e proprio protocollo di cure previsto”.
Vivere il dolore in solitudine
Troppo spesso chi soffre di fibromialgia si ritrova solo ad affrontare una malattia ancora troppo poco conosciuta, dove la ricerca medica è ferma e non ci sono cure valide per ottenere dei miglioramenti concreti. “Fondamentalmente siamo invisibili, perché non è una malattia riconosciuta dallo Stato Italiano – sottolinea l’infermiera – anche se c’è comunque una proposta di legge in Parlamento per il riconoscimento di questa patologia come malattia cronica invalidante. La ricerca è ferma. E’ dunque fondamentale sensibilizzare sull’esistenza della patologia e favorire anche la formazione del personale sanitario, per far conoscere questa affezione ed arrivare a un unico protocollo diagnostico terapeutico. Purtroppo il fatto di non essere ancora riconosciuta comporta per i pazienti un mancato accesso alle cure attraverso il sistema sanitario nazionale. Per questo ci capita di incontrare persone diventate invisibili, che vivono la loro esistenza nella sofferenza e nel buio più totale”.
fonte: Vatican News
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