Raggiunto l’accordo sugli incarichi apicali, che verranno formalizzati al vertice dei capi di Stato e di Governo di giovedì e venerdì. Il portoghese Costa presiederà il Consiglio Europeo e l’estone Kaja Kallas sarà il nuovo Alto rappresentante per la Politica estera. Garantito all’Italia un commissario di peso. Orban: l’intesa è un seme per la divisione
di Brahim Maarad
AGI – Non è ufficiale ma è confermato da più parti: i sei negoziatori della ‘maggioranza Ursulà hanno raggiunto un accordo sulle nomine apicali alle Istituzioni Ue. Ursula von der Leyen (Ppe, Germania) verrebbe confermata alla guida della Commissione europea; Antonio Costa (Pse, Portogallo) sarebbe il prossimo presidente del Consiglio europeo (sostituisce il liberale belga, Charles Michel); Kaja Kallas (Renew, Estonia) prenderebbe il posto del socialista spagnolo Josep Borrell ad Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera e di sicurezza. L’ufficialità può arrivare solo giovedì quando – al vertice di Bruxelles – i ventisette capi di Stato e di Governo dovranno votare. È richiesta la maggioranza qualificata: quindici Stati che rappresentino il 65% della popolazione.
I negoziati
Al tavolo – oggi riunito in videoconferenza – erano presenti i sei negoziatori per i tre partiti della maggioranza (sommano 399 seggi al Parlamento europeo): i premier Donald Tusk (Polonia) e Kyriakos Mitsotakis (Grecia) per il Ppe; il premier spagnolo, Pedro Sanchez, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, per i socialisti; il presidente francese, Emmanuel Macron, e il primo ministro olandese uscente, Mark Rutte, per i liberali. Lunedì scorso, alla cena informale dei leader, non era stato possibile chiudere l’intesa a causa della richiesta del Ppe di dividere il mandato della presidenza del Consiglio europeo e alternarlo con i socialisti. Dopo due anni e mezzo Costa avrebbe dovuto lasciare il posto a un popolare. I negoziatori hanno concordato di lasciare in attesa la distribuzione dei secondi mandati delle presidenze del Consiglio europeo e del Parlamento europeo fino all’avvicinarsi della data del loro eventuale rinnovo per tenere conto delle circostanze politiche di quel momento.
I tre nomi concordati soddisfano bene i criteri di equilibrio di genere (due donne e un uomo), origine geografica (una estone, una tedesca e un portoghese) e colore politico (una popolare, un socialista e una liberale). La rosa dei candidati si completerebbe con la presidenza del Parlamento europeo, per la quale i leader non danno nomi ma piuttosto indicazioni di colore politico: il Partito popolare europeo occuperebbe la prima metà della legislatura – per l’attuale presidente, Roberta Metsola – e lascerebbe la seconda metà ai socialisti.
Mentre Friedrich Merz, il presidente della Cdu, il partito conservatore tedesco sponsor di von der Leyen, esulta per “la buona decisione”, il premier ungherese, Viktor Orban, ritiene l’intesa “un seme per la divisione, che va contro tutto ciò su cui si fonda l’Ue”. Gli occhi però sono puntati tutti sull’Italia e sul ruolo che avrà. Fonti dell’agenzia spagnola Efe hanno fatto sapere che uno dei sei negoziatori avrebbe già chiamato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per assicurarle che “otterrà un portafoglio di peso” nella prossima Commissione, come da sua richiesta. “Il prossimo vertice dei capi di Stato e di Governo sarà un’occasione molto importante per discutere dei nuovi assetti istituzionali dell’Unione europea e l’Italia intende esercitare in questa discussione un ruolo di primo piano, adeguato al suo status di Paese fondatore”, ha fatto sapere da Lussemburgo il ministro agli Affari europei, Raffaele Fitto. Resta però l’incognita sulla seconda fase della partita, quella che si giocherà a Strasburgo in plenaria al Parlamento europeo.
Il pallottoliere
Il numero magico per von der Leyen è 361, la soglia della maggioranza assoluta. La maggioranza attuale – a politiche invariate – si ferma a 399 seggi su 720 seggi. Quella uscente era 417 su 705. Considerata un’assodata percentuale di franchi tiratori del 10%, von der Leyen non può dormire sonni tranquilli (la scorsa volta ottenne il via libera con solo nove voti di scarto, grazie al Movimento 5 stelle). Diventa indispensabile cercare un sostegno ulteriore. Deve guardare o a destra (Ecr, o almeno Fratelli d’Italia) oppure ai Verdi. Socialisti e liberali insistono che non vogliono avere nulla a che fare con i conservatori dell’Ecr. L’unica strada per von der Leyen sembra quella di un sostegno formale da parte dei Verdi (53 seggi) oppure un sostegno esterno, certamente gradito ma non sollecitato, di Fratelli d’Italia (24 voti). La leader dei socialisti, Iratxe Garcia Perez, già avverte: “L’accordo sui top jobs non è un assegno in bianco. Dobbiamo parlare delle priorità e saremo molto seri in merito”. Ma questa partita non è ancora cominciata.
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