Recuperati i corpi di sei delle sette vittime del naufragio, tra cui il magnate britannico Mike Lynch. Si cerca ancora la figlia Hannah. Dalle indagini emergono una impreparazione e una sottovalutazione dell’allerta meteo che avrebbero portato alla tragedia: barche molto più piccole hanno resistito alla tempesta
di Giuseppe Marinaro
AGI – Hannah Lynch non c’è ancora. Novità si attendono dalle nuove ricerche alla luce del giorno, anche all’esterno del relitto del Bayesian, affondato lunedì a 50 metri di profondità, davanti a Porticello. E’ stato recuperato nello scafo invece il corpo del papà della diciottenne, il magnate britannico dell’informatica Mike Lynch. Con lui sono finora sei i cadaveri strappati al mare. E se si va delineando la catena di errori umani che avrebbe determinato il disastro marittimo, emergono anche particolari su quello che è successo nella manciata di minuti di terrore vissuta dai 22 che erano bordo, 15 dei quali sopravvissuti.
Hanno tentato di mettersi in salvo, di scappare, ma 7 di loro sono finiti in trappola. Il cuoco antiguano Recaldo Thomas è stato scaraventato fuori dal veliero ed è stato il primo morto accertato, quello stesso lunedì. Gli altri non sarebbero stati trovati nelle loro cabine, ma in una zona diversa, nella parte opposta, segno che si sono spostati alla ricerca disperata di una via di salvezza. Tutti tranne Hannah che in questa corsa per sopravvivere potrebbe essere finita fuori dal super yacht. È un fatto che sia stata cercata dagli speleo-sub dei vigili del fuoco per quasi 12 ore senza che sia stata trovata. Inimmaginabile l’orrore vissuto quella notte, la fuga disperata per superare la massa d’acqua che aveva invaso lo scafo e trovare una strada verso l’aria, sino alla fine terribile.
La deriva abbassata, spiegano gli esperti, avrebbe potuto contrastare la forza del vento che piega la barca di lato, specialmente nel caso di un albero imponente che fa da leva. E l’albero in alluminio del super yacht, rimasto agganciato, misura 75 metri. È uno degli elementi, insieme agli altri da accertare, che farebbero virare in maniera piu’ decisa la procura di Termini Imerese sull’ipotesi dell’errore umano. Risposte potrebbero arrivare dalla scatola nera.
Presunte omissioni e scelte sbagliate, dunque, anche in relazione alla possibile assenza di una persona di guardia in plancia, o ai passeggeri ancora nelle cabine che dovevano invece essere allertati e radunati in salone; è un dato che tra i 15 superstiti 9 siano i componenti dell’equipaggio sui 10 complessivi, e 6 i passeggeri sui 12 che erano a bordo. Tra gli altri aspetti da valutare, i motori spenti, il portellone di poppa, forse aperto, e la mancata attivazione in tempo utile degli automatismi che avrebbe dovuto ‘sigillare’ il veliero di 56 metri, impedendo, come è avvenuto, che venisse imbarcata rapidamente una grande quantità d’acqua.
Emergerebbero una impreparazione, una inerzia e una sottovalutazione dell’allerta meteo: il comandante neozelandese James Cutfield, 51 anni, avrebbe del resto detto che non si sarebbe accorto dell’arrivo della tempesta. Il procuratore Ambrogio Cartosio per un paio d’ore lo ha ascoltato per ricostruire cosa è successo sia prima sia durante la tempesta. Solo il super yacht battente bandiera britannica è affondato nel giro di pochi minuti – “da tre a cinque, dal momento in cui la barca è stata sollevata dalle onde del mare fino a quando è affondata”, secondo le parole di alcuni superstiti – mentre altre imbarcazioni, anche più piccole, hanno resistito.
Sentiti anche altri superstiti. Testimonianze importanti che permetteranno a chi indaga di valutare il peso dell’eccezionalità di un evento atmosferico, ma anche di questa presunta serie di errori umani rispetto a un accadimento che non ha procurato alcun danno, a esempio, alla goletta che era ormeggiata a poca distanza dal Bayesian, il ‘Sir Robert Baden Powell’, da cui anzi sono partiti i primissimi soccorsi per i naufraghi.
Sarà a breve il tempo delle autopsie sui corpi recuperati, a partire da quelli del presidente della Morgan Stanley International, Jonathan Bloomer, e del magnate britannico Mike Lynch, portati all’Istituto di medicina legale del Policlinico di Palermo. Atti irripetibili che presupporranno i primi indagati nell’inchiesta cui guardano con estrema attenzione anche protagonisti politici e finanziari britannici.
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