La dipendente della ditta Dussmann è addetta alle pulizie negli ospedali. Come delegata sindacale, aveva documentato situazioni critiche che hanno portato a un’inchiesta in procura
Licenziamento cancellato. Patrizia ha vinto. Il giudice ha ordinato di riassumere la delegata sindacale dei lavoratori della Dussmann, azienda che ha l’appalto delle pulizie in vari ospedali a Torino e nel resto d’Italia.
La colpa di Patrizia era di aver girato un video alle Molinette dove mostrava un reparto invaso dai liquami, «in seguito a un guasto idraulico della colonna degli scarichi dei gabinetti, l’acqua usciva dagli stessi allagando gli spazi vicini», come aveva spiegato Dussmann.
Ma l’intento della sindacalista (assistita dall’avvocato Domenico Mangone) non era di immortalare un’emergenza, ma di documentare le condizioni di lavoro degli addetti alle pulizie: niente calzari o guanti particolari, nessuna dotazione speciale di stracci, spazzoloni o aspiratori.
Tutto questo avveniva nell’ottobre 2019, quando ancora l’emergenza Covid non aveva coinvolto le strutture sanitarie. Le segnalazioni allo Spresal non avevano sortito effetto, nonostante fossero corredate di foto e video.
Qualche mese dopo, la notizia è arrivata a La Stampa, assieme alle rimostranze del sindacato Fisal-Cisal per la situazione rimasta critica anche a pandemia dichiarata.
«Per quanto ne sappiamo, agli addetti alle pulizie negli ospedali per conto di Dussmann non è mai stata nemmeno misurata la temperatura all’ingresso in ospedale né hanno mai fatto un tampone», sostiene Andrea De Stasio, della segreteria del sindacato.
A questo va aggiunta la «difficoltà di avere le mascherine, sempre poche e comunque mai adeguate al tipo di mansione. Gli addetti erano costretti a chiederle nei reparti, dove non sempre hanno potuto accontentarli». Tutto segnalazioni confluite in una denuncia fatta alla Guardia di Finanza, che ha portato a un’inchiesta della procura. Ancora aperta.
Protesta la ditta di pulizie alle Molinette di Torino: corsie nel caos, acqua e feci nei bagni
Nell’ordinanza, il giudice Aurora Filicetti chiarisce: il delegato sindacale «in presenza di una situazione che, a torto o a ragione, ritiene lesiva (o potenzialmente lesiva) di diritti o interessi dei lavoratori può decidere di documentare la situazione medesima, ad esempio girando un video, come nel caso di specie, oppure scattando delle fotografie oppure raccogliendo informazioni». Di conseguenza, «tale condotta non è censurabile ed anzi è il presupposto dell’esercizio di un’efficace attività sindacale».
Dussmann aveva accusato Patrizia di aver «effettuato, strumentalizzato e divulgato» il video. «E’ pacifico che abbia registrato un video», scrive il giudice. Per il resto, «è emerso che la signora non ha consegnato il video a La Stampa», ma soltanto al sindacato, che a sua volta lo ha allegato alla denuncia fatta allo Spresal, per testimoniare come nell’ospedale Molinette ci fossero «zone in cui l’igiene non era congrua rispetto agli standard», secondo la testimonianza di Giuseppe Catizone, segretario provinciale Cisal.
Secondo il giudice, «la società (Dussmann, ndr) non può contestare alla signora il fatto che la sua organizzazione sindacale abbia deciso di presentare nell’ottobre del 2019 una denuncia allo Spresal, corredandola con il video, anziché discutere dei fatti oggetto della denuncia nell’ambito degli incontri presso la Prefettura». E questo perché «non aveva alcun obbligo di confrontarsi» con l’azienda prima di rivolgersi al sindacato.
Conclusione: il licenziamento «è certamente illegittimo per l’insussistenza dei fatti contestati» e «deve dunque essere annullato». Con tanto di pagamento degli arretrati, contributi previdenziali e interessi legali. Con la procura ancora impegnata a indagare.
fonte: La Stampa
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