Taranto, l’acqua a 32 gradi manda in asfissia le cozze. E il 70% della produzione va in fumo

La città pugliese è la prima esportatrice di mitili al mondo. Ora i produttori, messi in ginocchio, sperano nelle compensazioni europee

di Cesare Bechis

L’estate ancora caldissima e il rialzo termico dell’acqua del mare hanno messo ko la produzione delle cozze tarantine del 2025. Gli allevatori, che rischiano di perdere tutto il lavoro fatto finora, parlano del 90% del seme destinato a diventare adulto a maggio-giugno dell’anno prossimo ormai perso a causa della temperatura troppo alta delle acque del mar Piccolo e, in parte del mar Grande. A Taranto le misurazioni effettuate nelle ultime settimane indicano un intervallo tra 29 e 32 gradi, incompatibile con la crescita e l’allevamento delle cozze che dovrebbero crescere in un ambiente con temperature tra 20 e 23 gradi. La produzione, di conseguenza, subirà una drastico ridimensionamento. Magari non sarà del 90%, ma certamente dovrebbe collocarsi in una forbice tra il 55 e il 70 secondo una media ponderata fatta dagli allevatori, molti dei quali puntano a compensare in parte le perdite attuali a fine settembre. In ogni caso il settore della mitilicoltura tarantina dovrà fronteggiare una situazione difficile a causa dei minori fatturati che alimentano una voce importante dell’economia locale. Una frangia di allevatori chiede se non sia il caso di chiedere lo stato di calamità e incontri con la Regione, a breve termine, per esaminare e affrontare questa problematica.

Il fenomeno

Con l’acqua sempre più calda – il Cnr di Taranto ha confermato che il fenomeno esiste ed è ricorrente – la produzione di mitili a Taranto sarà sempre possibile, ma nei limiti ambientali del mar Piccolo, pur tenendo conto delle diverse caratteristiche tra i due seni. Il primo raggiunge profondità di 10-11 metri ed è più dinamico del secondo, perché alimentato dal mar Grande attraverso il canale del ponte girevole e di porta Napoli; il secondo ha una profondità massima di 4-5 metri e l’acqua è quasi stagnante come in una palude. Le alte temperature influiscono sul tenore di ossigeno subacqueo fino a determinare condizioni di asfissia del prodotto. E più ce n’è immerso, più ossigeno viene consumato. Di qui la moria del seme.

Quest’anno ha molto sofferto anche il mar Grande, la cui rada è più aperta verso gli apporti esterni. Le produzioni della zona della Tarantola sono in grave crisi. Un mese fa le associazioni Legacoop Agroalimentare Dipartimento Pesca, Agci Agrital Taranto, Confcooperative Taranto Federcoopesca, Unci Agroalimentare, Confcooperative Taranto Federcoopesca, Casaimpresa Confesercenti Taranto, Fai Cisl, Flai Cgil e Uila pesca, lanciarono un primo allarme. Rinnovarono la richiesta di realizzare in Mar Grande la prevista area di stoccaggio e la necessità di una cabina di regia attiva nell’affrontare la crisi e le problematiche ancora aperte.

 

 

FONTE: CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

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