Il divieto è stato introdotto con la legge regionale approvata il 28 marzo 2023, e contestata davanti alla Corte Costituzionale dall’Avvocatura dello Stato
È stata confermata dalla Consulta la regolarità del blocco triennale in Puglia della pesca dei ricci di mare, un fermo «straordinario» introdotto a tutela della specie dalla Regione Puglia, uno dei luoghi del «sovra-sfruttamento a livello locale di tale risorsa ittica» a rischio estinzione. Il divieto è stato introdotto, fino al 2025, con la legge regionale approvata il 28 marzo 2023, e contestata davanti alla Corte Costituzionale dall’Avvocatura dello Stato in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il blocco riguarda la pesca locale e non si estende alla commercializzazione dei ricci di mare provenienti da `fuori´ Regione, purché provvisti di tracciabilità.
Ad avviso della difesa di Palazzo Chigi, non rientrerebbe nel potere delle Regioni imporre blocchi della pesca, semmai la competenza per introdurre simili limitazioni, attualmente, sarebbe del Ministero dell’Agricoltura che si occupa, tra l’ altro, di «sovranità alimentare». Inoltre, l’Avvocato dello Stato ha fatto presente che non esiste un «mare territoriale regionale», entro il quale le Regioni avrebbero il potere di disporre a loro piacimento, esiste invece una «sovranità dello Stato» che governa su quanto circonda le «coste continentali ed insulari della Repubblica».
Indennizzo ai pescatori
Su questo punto, salvando il blocco della pesca del governatore Michele Emiliano che ha previsto indennizzi per i pescatori fermi, la Corte Costituzionale ha concordato con la difesa erariale e ha modificato la legge laddove faceva riferimento ai termini «mari regionali» (ora divenuti «nello spazio marittimo prospiciente il territorio regionale»), «mare territoriale della Puglia» (ora «nello spazio marittimo prospiciente il territorio regionale») e «da mari territorialmente non appartenenti alla Regione Puglia» (ora «dallo spazio marittimo non prospiciente il territorio regionale»). Nella sentenza n. 16, i giudici costituzionali rilevano che «non si può dubitare che incidano in melius sulla tutela ambientale, e nello specifico sulla protezione del riccio di mare, che è parte dell’ecosistema marino, norme che indirettamente agevolano la riproduzione di tale specie animale». «L’intervento operato a livello regionale – prosegue la Consulta – si pone nel solco dell’esigenza di disciplinare la pesca in conformità a obiettivi che la stessa Unione europea» si è data sulla pesca «sostenibile» nel lungo termine «dal punto di vista ambientale». Per questi motivi, «gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 6 del 2023 non violano la competenza legislativa statale esclusiva nella materia tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Secondo la Consulta che la Puglia ha messo in campo «una misura specifica, concernente un fermo pesca disposto una tantum, che si riverbera temporaneamente su un’attività che si svolge sui fondali posti a breve distanza dalle coste pugliesi e che riguarda una risorsa ittica, il cui consumo è strettamente correlato al territorio e alle tradizioni locali, tant’è che la misura è la conseguenza di un massiccio sovra-sfruttamento» e «la soluzione» del fermo pesca non è «incompatibile con una possibile modulazione di interventi legislativi regionali, mirati a risolvere specifiche criticità locali».
fonte: Corriere del Mezzogiorno
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