Alla viglia del voto si ritira Amirhossein Ghazizadeh Hashemi e invita altri a seguire il suo esempio per rafforzare un’unica leadership. Cresce il consenso attorno a Pezeshkian, sostenuto dagli ex presidenti Rouhani e Khatami e da Zarif, ma oggetto delle critiche della guida suprema. Appello di Khamenei al voto, mentre prevale il fronte dell’astensionismo.
Teheran (AsiaNews) – Un appello al voto e un ammonimento al candidato riformista della guida suprema di fronte al rischio di astensionismo; il tema economico in un Paese piegato dalle sanzioni occidentali; i prigionieri politici che dalla cella invocano il boicottaggio. E il ritiro improvviso ma non inaspettato, annunciato ieri sera, del candidato ultraconservatore Amirhossein Ghazizadeh Hashemi, per contrastare il consenso crescente nei sondaggi dell’unico esponente dell’ala moderata-riformista. L’Iran si avvia stancamente alle elezioni presidenziali in programma domani, 28 giugno, per scegliere il successore di Ebrahim Raisi morto lo scorso 19 maggio nello schianto del suo elicottero in circostanze non del tutto chiarite, sebbene prevalga la tesi del guasto al velivolo.
In uno degli ultimi interventi pubblici prima del voto, l’ayatollah Ali Khamenei ha invocato “un’alta partecipazione” alle urne. “Sottolineiamo l’importanza – ha spiegato il leader supremo – di un’alta partecipazione [alla tornata elettorale] perché è l’orgoglio della Repubblica islamica”. “In ogni elezione – ha aggiunto – in cui l’affluenza è stata bassa, i nemici [del Paese] ci hanno attaccato”.
Sono oltre 61 milioni gli aventi diritto per una tornata elettorale fondamentale per valutare il ruolo di Teheran nei vari palcoscenici di crisi regionale e globale, sebbene l’indirizzo in politica estera e la guida ultima del Paese siano nelle mani di Khamenei. L’attenzione dei candidati, che si sono sfidati in dibattiti televisivi che non hanno scaldato gli animi dell’elettorato, è concentrata sull’appello al voto: la Iranian Students Polling Agency prevede una partecipazione del 44,4%, mentre il filo-governativo Majlis Research Center ipotizza un dato superiore al 53%. Ben diverse le previsioni di enti internazionali: il Gamaan Institute, con base in Olanda, fissa l’astensionismo al 65%, mentre solo il 22% degli interpellati intende votare e il 12% è indeciso. Vi è inoltre un 34% degli interpellati (circa 78mila in totale) ignaro della data del voto anticipato, in una nazione in cui il tema centrale – più dei diritti negati – è quello della crisi economica legata alle sanzioni.
Nell’ultima settimana si sono moltiplicati gli inviti di personalità della politica e della società civile, di femministe e organizzazioni pro diritti, a disertare le urne. Oltre 500 fra insegnanti, sindacalisti e intellettuali hanno diffuso una lettera aperta in cui confermano la scelta dell’astensionismo; dalla sua cella nel carcere di Evin la Nobel per la pace Narges Mohammadi parla di voto “illegale” promosso da un “governo oppressivo e illegittimo”. A questo si affianca l’appello ad aderire al movimento pro diritti e libertà “Women, Life, Freedom” nato in seguito alla morte per mano della polizia della morale della 22enne curda Mahsa Amini, perché non indossava correttamente l’hijab.
A smuovere le acque è giunta la notizia del ritiro – evento non raro nelle elezioni iraniane, allorché la parte legata alla fazione radicale e ultraconservatrice sacrifica un candidato per convogliare il voto su quanti hanno maggiori possibilità – del 53enne Amirhossein Ghazizadeh Hashemi. Egli si è rivolto anche ad altri candidati invitandoli a fare anch’essi “un passo indietro” per convergere su una scelta unitaria “in modo che – riferisce l’agenzia statale Iran – il fronte della rivoluzione sia rafforzato”. Per un anno vice-presidente e fedelissimo di Raisi, l’ormai ex candidato intende sostenere la leadership di uno dei due principali sfidanti dell’ala ultraconservatrice: l’ex negoziatore capo in tema di nucleare Saeed Jalili e il presidente del Parlamento Mohammad Bagher Qalibaf.
Un rafforzamento dell’ala radicale a fronte di una crescita nei consensi per l’unico esponente fra i sei (ora cinque) candidati vicino alla fazione moderata e riformista: il cardiochirurgo Masoud Pezeshkian, che in queste ore ha ricevuto il sostegno dell’ex presidente (moderato) Hassan Rouhani, la cui amministrazione aveva siglato l’accordo nucleare (Jcpoa) con gli Stati Uniti. “Venerdì dovremmo votare – ha detto l’ex presidente – per qualcuno che è determinato a rimuovere l’ombra delle sanzioni dal popolo iraniano”, lodando al contempo “l’onestà e la lealtà” Pezeshkian. Una posizione, quella sul nucleare, all’origine dell’attacco di Khamenei secondo cui non si deve sostenere persone che cercano “modi per progredire” nel dialogo sull’atomica con Washington.
Fra le figure del fronte riformista che hanno annunciato il proprio voto per il medico e deputato vi sono anche l’ex presidente Mohammad Khatami e l’ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. In particolare Khatami ha parlato di “opportunità” per il “cambiamento” e che Pezeshkian è un leader “retto, in cerca di giustizia, anti-corruzione e meritocratico”.
Be the first to comment on "Presidenziali in Iran: ultraconservatori in cerca di unità per la ‘minaccia’ riformista"