Partorire al tempo del Covid: come funzionano ospedali e sale parto da quando c’è la pandemia

Dai tamponi antigenici, alle possibilità di avere un accompagnatore, al rooming-in con il neonato. Come sono cambiate le procedure e i percorsi per le future madri durante la pandemia lo abbiamo chiesto a tre ginecologi di tre diversi ospedali italiani: il professor Colacurci del Policlinico Vanvitelli di Napoli, il professor Ferrazzi del Mangiagalli Center di Milano e il professor Lanzone del Gemelli di Roma

di Francesca Parlato (FP)

Nati con la mascherina piuttosto che con la camicia, potremmo dire. Tutti i bambini che hanno scelto di venire al mondo dallo scorso marzo a oggi sono nati in un clima meno accogliente rispetto a quello che genitori, nonni, zie e anche ostetriche e ginecologi, avrebbero voluto per loro.

Partorire al tempo del Covid vuol dire fare i conti con una serie di limitazioni e attenzioni che possono mettere a dura prova le future madri e i futuri padri. All’inizio dello scorso anno, quando ancora si sapeva poco del Coronavirus, la maggior parte delle gestanti ha dovuto sbrigarsela da sola.

Niente padri in sala travaglio, niente visite e niente torte di pannolini o mazzi di fiori per celebrare il lieto evento durante i giorni di degenza. Partorire al tempo della pandemia per molte ha voluto dire partorire in solitudine, affiancate soltanto dai medici e dalle ostetriche.

Tamponi e test per i futuri genitori

Nel corso dell’anno però i percorsi nascita sono cambiati. E molti ospedali si sono adeguati alle indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, che sin dai primi mesi di lockdown raccomandava agli ospedali di garantire la presenza dei padri durante il parto (dopo ovviamente una verifica di eventuale positività al Covid). “All’arrivo in ospedale ogni donna e il suo accompagnatore sono sottoposti a due test: il primo è quello antigenico, che ci dà il risultato in 15 minuti, poi il molecolare per il quale ci vogliono 3 o 4 ore di tempo.

Oltre a questa precauzione le donne devono compilare una check-list dove viene chiesto loro se hanno avuto sintomi da Covid nei giorni precedenti oppure contatti con persone infette” ha spiegato a Fanpage.it il professor Enrico Ferrazzi primario di Ginecologia-Ostericia e direttore del Mangiagallicenter di Milano.

Lo stesso iter è seguito anche al Policlinico Gemelli di Roma e al Pronto Soccorso ostetrico e ginecologico del Policlinico Vanvitelli di Napoli.

“Il partner, se risulta negativo al test antigenico, può raggiungere la propria compagna quando è in fase di travaglio avanzato – spiega il professor Nicola Colacurci, direttore del reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’Azienda Ospedaliera della Seconda Università di Napoli e presidente della Società Italiana di Ginecologia – Può accompagnarla in sala parto, indossando tutti i dispositivi di protezione necessari, assiste alla nascita e può restare per le due ore immediatamente successive al parto con la neomamma. Potrà tornare a trovarla una volta al giorno previo appuntamento in una sala dedicata per circa mezzora”.

Diverso invece il percorso al Gemelli (che è anche centro Covid per le partorienti) dove i padri (o qualunque accompagnatore la donna voglia con sé) restano dall’inizio fino alle dimissioni. “Se entrambi i genitori risultano negativi al test per il Covid – spiega il professor Antonio Lanzone, ginecologo del Policlinico Gemelli di Roma – Entrambi possono accedere in sala travaglio. Ma si entra insieme e si esce insieme. Si tratta di un modo per limitare al massimo il rischio del contagio”.

Al Mangiagalli center invece dopo il parto il padre può uscire dall’ospedale e fare visita alla compagna e al proprio figlio una volta al giorno. “Per ora l’accesso è limitato a tre ore nel pomeriggio e tre ore al mattino – spiega Ferrazzi – Abbiamo organizzato dei turni, in modo da evitare che arrivino tutti contemporaneamente e dato la possibilità ai padri che lavorano di far visita anche dopo le 20″. Nel caso di parti programmati (cesarei o per induzione) il test molecolare in tutti e tre gli ospedali è eseguito 48h prima, in modo da evitare questo passaggio al momento dell’ingresso in ospedale.

Se la futura mamma è positiva al Covid

Quando il tampone risulta positivo per la madre ci sono due possibilità al Mangiagallicenter. “La gestante sarà immediatamente indirizzata al percorso ad hoc – chiarisce Ferrazzi – A quel punto bisogna valutare però se ci sono o meno sintomi. Se è asintomatica il marito potrà accompagnarla e seguirla durante il travaglio. Se invece manifesta dei sintomi dovrà rinunciare alla presenza del proprio partner”.

Ciò che però è importante sapere è che anche qualora fosse positiva il rooming-in (ovvero la permanenza del bambino accanto alla madre subito dopo il parto) è comunque garantito. “Abbiamo pubblicato un articolo scientifico sul protocollo lombardo che prevede proprio la possibilità di avere sin da subito il bambino con sé anche se si è positive (con sintomi) al Covid. L’allattamento è possibile e sicuro per il neonato che tramite il latte riceverà gli anticorpi di cui ha bisogno. Soltanto nei casi più gravi di Covid il rooming-in non è contemplabile”.

Per le cittadine romane in procinto di partorire e che risultano positive al Covid, l’accompagnatore invece non è previsto. “Una volta riscontrata la positività la donna dovrà accedere da sola e partorire nel reparto Covid – spiega Lanzone – Il rooming-in è concesso e potrà allattare il figlio.

Al Gemelli i figli delle donne positive al Covid dormiranno in una culletta speciale (simile a quella dell’incubatrice) che garantisce un’ulteriore protezione. L’unica differenza rispetto alle pazienti non Covid è per la notte: in questo caso il neonato (per questioni di sicurezza, visto che la madre è sola senza accompagnatore) dorme nel nido”.

Il Policlinico di Napoli, pur non essendo un Covid Center, è comunque attrezzato per la gestione delle emergenze. “Siamo un pronto soccorso – spiega il professor Colacurci – Per questo dobbiamo essere pronti a tutte le eventualità. Può accadere che una donna non sappia di essere positiva e arrivi in fase di travaglio avanzato. In questi casi, visto che non è possibile trasferirla in uno dei centri ad hoc, la prendiamo in carico noi. Abbiamo un percorso dedicato, stanze e sala parto apposite, dove la donna potrà partorire in tutta sicurezza”.

Corsi preparto e visite

Come tutti i convegni, le lezioni e le riunioni, anche i corsi di preparazione al parto si sono spostati online per tutti gli ospedali. “Purtroppo è impensabile oggi mettere insieme in una stanza venti donne incinte – spiega Colacurci – Quella parte di condivisione e di aggregazione tra futuri genitori è venuta meno. Ma abbiamo comunque garantito a tutte le donne la possibilità di partecipare al corso online. Un’alternativa che riscuote comunque successo”.

Nulla cambia per la durata della degenza, che è sempre di 48 ore dopo il parto (se fisiologico e senza alcuna complicanza). “Tranne che nel caso delle pazienti positive al Covid – spiega Ferrazzi – In quel caso la degenza dura un giorno in più per poter controllare lo stato di salute del neonato”.

Per le dimissioni non è necessario aspettare la negativizzazione del tampone. “Al Gemelli predisponiamo un cordone di sicurezza (attraverso l’ambulanza) per riportare mamma e figlio a casa, dove ovviamente dovranno poi mettersi in autoisolamento” spiega Lanzone.

Gli ospedali si sono attrezzati per offrire il massimo conforto possibile alle madri in un momento delicato come questo. “Nel nostro hub le stanze delle gestanti positive al Covid sono nuovissime e forse anche più belle delle altre – spiega Ferrazzi – Abbiamo cercato di rendere questi posti letto dedicati (24 in tutto più tre sale parto) il più confortevoli possibile, per restituire e garantire un minimo di serenità alle donne”. L’unica nota positiva della pandemia su cui tutti i medici sono d’accordo? Lo stop alle visite dei parenti. Meno stress e più intimità per le coppie e il loro pargoletto.

 

 

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