Cold case a Padova: l’uomo aveva strangolato la donna inscenando l’impiccagione in bagno
PADOVA Per più di sette mesi Erik Zorzi, autotrasportatore di Abano di 42 anni, ha vissuto come nulla fosse. Padre di due bambine e vedovo della sua Nicoleta Rotaru, 39 anni e mamma di due bambine, ritrovata senza vita nella doccia del bagno della loro casa – dove vivevano da separati – a Monteortone, frazione di Abano, provincia di Padova, nella zona delle Terme Euganee, la mattina del 2 agosto 2023. Suicidio, la tesi, per tutti, investigatori compresi. A togliere la maschera ad una messa in scena che ha retto per mesi, nonostante tutti i rilievi e la stessa autopsia portassero argomenti all’ipotesi del suicidio, sono state le indagini chieste dagli avvocati della 39enne, che avevano fatto più istanze per invocare l’analisi del cellulare della donna: è lì che la procura e i carabinieri scoprono come Nicoleta Rotaru registrasse da tempo i litigi con il marito dal quale si era separata a inizio 2023, per poi salvarli nel cloud di Google. E scoprono anche la registrazione della notte tra l’1 e il 2 agosto. Il 22 marzo Erik Zorzi viene arrestato: omicidio, l’accusa.
LE INDAGINI
Una perizia di febbraio scorso ha portato alla luce anche l’ultima registrazione, quella fatta da Nicoletta Rotaru la sera dell’1 agosto, dopo che lei era rientrata da una passeggiata con il suo nuovo fidanzato. Nel file audio si sentono le urla, l’agguato del 42enne mentre l’ex moglie dormiva e poi tutti i rumori metallici della messa in scena. «Una volta che la donna ha cessato di respirare – si legge nell’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari, Laura Alcaro, dà il via libera all’arresto di Zorzi, di cui si è saputo solo ora per il silenzio imposto dalla procura – vi sono rumori che chiaramente indicano lo spostamento del corpo dal letto e l’ingresso nel bagno e l’utilizzo di attrezzi o simili: l’azione dunque continua per inscenare il suicidio». Alle 6.41 del 2 agosto, Zorzi chiama il 118 e dice di aver trovato la moglie senza vita in bagno.
L’ULTIMA REGISTRAZIONE
Nel file audio trovato dai carabinieri – che già erano intervenuti sette volte, tra il 2021 e il 2023 per sedare le liti tra i due – il racconto dell’orrore. Nicoleta, prima di cercare di andare a dormire, accende il registratore del cellulare, come di prassi quando sta per nascere una lite. A mezzanotte e 38 del 2 agosto Zorzi la insulta senza misura, «roso dalla gelosia per la nuova vita sentimentale dell’ex moglie», scrive il gip, fino alle 3.38, quando si sentono rumori provocati dalla rete del letto. La situazione sembra placarsi, poi alle 4.42, nel silenzio, l’aggressione. Nicoleta urla e dice «Erik ti prego smettila». Lui risponde: «No, ti prego tu, perché ci siamo ricotti così». E ancora lei, come si legge nell’ordinanza «con meno forza nella voce e piangendo», «Erik ti prego smettila» ed emette un forte urlo strozzato, cominciando ad ansimare. Sono istanti nei quali Zorzi ripete: «Perché l’hai fatto, io ti amavo, ti amavo, ti amavo, io ti amavo , ti prego, liberaci, ti scongiuro, liberaci» mentre in sottofondo ci sono suoni gutturali. Alle 4.26 è il camionista che inizia a chiamare Nicoleta: «Nico, Nico, Nico, sveglia, lasciati andare, ti prego non distruggermi tutta la tristezza, ti prego vattene via, volevo solo amarti, non volevo tutto questo, te lo giuro, non so cosa fare, ti scongiuro, liberaci, vattene, Nico vattene mi stai distruggendo» ripete durante l’agonia dell’ex moglie che continua per altri cinque minuti. «Ti prego, dì di sì – continua lui –che ci liberi». Alle 4.30 si sente uno sfiato e un minuto dopo il 42enne con il respiro affaticato e Nicoleta ansimante. Alle 4.32 un rumore mentre lei continua a tentare di deglutire. Alle 4.34 piccoli cigolii del letto e gli ultimi respiri della mamma, uccisa nella stanza accanto a quella delle sue due figlie.
LA MESSA IN SCENA
«A questo punto – scrive ancora il gip Alcaro – Zorzi mette in atto il suo piano diabolico, ossia la simulazione del suicidio. Agisce con estrema lucidità, la stessa con la quale accoglierà i soccorritori e i carabinieri» che lo riprendono. Comportamento giudicato «contrastante con le farneticazioni che hanno preceduto e accompagnato l’uccisione». Ogni sua mossa tra lo strangolamento della donna e la chiamata al 118 è anch’essa registrata dal cellulare «che permette di seguire passo-passo tutte le sue macchinazioni e la predisposizione di quanto necessario ad inscenare il suicidio. Con Nicoleta, all’inizio, ancora agonizzante». Ecco quindi la porta scorrevole che si apre, i rumori di un martello e l’armeggiare con la cintura «servita a strangolarla a letto» e lasciata ancora al collo fino all’arrivo dei medici. Una messa in scena riuscita anche se, sottolinea l’ordinanza, «non era dato comprendere dove la donne si fosse appesa per uccidersi». Decisiva anche la testimonianza della figlia più grande della coppia che ha raccontato come il padre (che maltrattava sia lei che la più piccola) fosse solito smontare e rimontare il pannello, manovra possibile anche secondo una perizia. Il 17 settembre Zorzi comparirà in udienza preliminare: l’orizzonte è un processo in Corte d’Assise per femminicidio.
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