L’inchiesta della Dda ipotizza i reati di associazione di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti e voto di scambio. Gli amministratori comunali accusati di aver accettato la promessa di voti del clan mafioso di Statte
di Cinzia Semeraro
Associazione di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti e voto di scambio. Sono i reati alla base dell’inchiesta della Dda che riguarda un clan mafioso operante a Statte, dove sono finiti agli arresti – tra gli altri – il sindaco di Statte, Francesco Andrioli (Pd), e gli assessori Ivan Orlando e Marianna Simeone, accusati di scambio elettorale politico mafioso aggravato.
Gli arresti, le accuse e gli indagati
La guardia di finanza di Taranto ha eseguito 29 ordinanze di custodia cautelare, 26 in carcere e tre ai domiciliari, firmate dal gip del tribunale di Lecce Angelo Zizzari su richiesta del pm Milto Stefano De Nozza della Dda. L’inchiesta coinvolge complessivamente 60 persone. Tra le persone finite in carcere, appunto, anche il sindaco di Statte Francesco Andrioli e gli assessori Ivan Orlando e Marianna Simeone, che avrebbero accettato la promessa di Davide Sudoso, considerato promotore del gruppo criminale, e Giulio Modeo (figlio di Antonio, detto il «Messicano», uno dei principali protagonisti della mala tarantina anni ’80) di procurare i voti (in occasione delle amministrative dell’ottobre 2021) in cambio di denaro, buoni pasto e favori al clan. Stando alle indagini, avrebbero imposto il controllo del territorio e la gestione delle attività illecite nel comune di Statte, anche attraverso il presunto condizionamento delle elezioni amministrative dell’ottobre 2021, che portarono alla riconferma del sindaco Andrioli, leader della lista «Uniti per Statte». Secondo gli inquirenti, persino i biglietti del luna park erano utilizzati, secondo gli inquirenti, come contributo del presunto «patto elettorale».
I sequestri di immobili e società
Gli indagati, tra il 2020 e il 2021, avrebbero fatto parte di un’organizzazione di tipo mafioso, dotata di armi, e si sarebbero resi responsabili di numerose condotte illecite relative allo scambio elettorale politico-mafioso, alla cessione di partite di stupefacenti, alla detenzione di armi e l’intestazione fittizia di beni a prestanome, nonché all’esecuzione di attività estorsive, di spedizioni punitive e di attentati incendiari. Le fiamme gialle hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo (per sproporzione rispetto ai redditi dichiarati o ingiustificata provenienza) di beni del valore complessivo di circa 6,4 milioni di euro, tra i quali appartamenti, locali commerciali e box, nonché quote societarie e compendi aziendali di imprese, con sedi a Taranto e in provincia, attive nei settori economici della ristorazione e del commercio di auto e di frutta e verdura.
Lo scambio politico-elettorale
Undici degli arrestati – tutti condotti in carcere – rispondono di scambio elettorale politico-mafioso. Si tratta del sindaco Francesco Andrioli (che fu eletto con il 74,98% delle preferenze), degli assessori (eletti consiglieri comunali) Ivan Orlando e Marianna Simeone, del fratello di quest’ultima, Francesco Simeone, ritenuto organico alla presunta associazione di tipo mafioso, del presunto capoclan Davide Sudoso, del pregiudicato Giulio Modeo, del dirigente della società partecipata Kyma Ambiente di Taranto Lucio Rocco Scalera (già coinvolto nell’inchiesta sulle parcelle d’oro e sul concorso sospetto) e di altri tre indagati, Giorgio Simeone, Antonio Marzella e Giovanni Pulito. Gli assessori Ivan Orlando e Marianna Simeone erano candidati al consiglio comunale con la lista «Uniti per Statte» a supporto della candidatura a sindaco di Andrioli.
Anche biglietti del lunapark
I tre politici, secondo l’accusa, avrebbero accettato la promessa di Davide Sudoso di procurare voti, anche avvalendosi di modalità mafiose. Lo stesso Sudoso, secondo le ipotesi degli inquirenti, attraverso suoi emissari avrebbe ottenuto in cambio da Orlando somme di denaro, da Andrioli e Marianna Simeone buoni pasto e buoni carburante, tramite un’associazione, da elargire ai potenziali elettori in misura proporzionale al numero di voti garantiti. Nel presunto «patto elettorale» c’erano persino i biglietti del luna park.
Il sindaco Andrioli, sempre secondo le contestazioni dell’accusa, si sarebbe reso disponibile «a soddisfare le esigenze dell’associazione»: ad esempio per favorire il rilascio di autorizzazioni per l’occupazione di suolo pubblico alle attività commerciali riconducibili a Sudoso, ma formalmente intestate ad altri, o promettendo l’assegnazione di lavori pubblici a uno degli indagati. Pulito e Marzella avrebbero avuto il compito di facilitare gli incontri fra Sudoso e Andrioli e di raccogliere i voti secondo le indicazioni del capoclan.
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