I ricordi e i sogni di Gabriele Salmi, un italiano che crede nelle grandi potenzialità congolesi. I riflettori sull’ attentato si sono spenti. Le indagini, invece, proseguono
di Roberto Ponti
È trascorso un mese da quando l’ ambasciatore Luca Attanasio con il carabiniere Vittorio Iacobacci e l’ autista Mustapha Milambo perdevano la vita nei pressi di Goma, nel Nord Est della Repubblica Democratica del Congo. I riflettori sulla vicenda si sono spenti; le indagini per chiarire le dinamiche dell’ efferato assassinio proseguono; ma forse non si conoscerà mai a fondo la verità di questo gesto.
Chi vive ogni giorno la realtà africana ne è fin troppo cosciente. Lo conferma, Gabriele Salmi, milanese, stabilitosi in Congo nel 2004, prima come volontario e poi collaboratore della onlus italiana ALBA. Il suo nome è noto per il progetto Inter Campus per la promozione sportiva. Inoltre, nel capoluogo del grande Katanga, Lubumbashi, più di due milioni e mezzo di abitanti, dove risiede, è il presidente della Casa degli Italiani, riferimento per la comunità italiana, e attivo nella Biennale d’ arte, riconosciuta a livello internazionale.
Tra le attività svolte, Gabriele Salmi ha gestito una flotta di 70/80 camion del Programma Alimentare Mondiale, per la distribuzione degli aiuti umanitari nei posti più remoti.
«In Congo tutto si annulla e scompare – ci confida – e le decine di tragici avvenimenti che si sono susseguiti dopo il 22 febbraio confermano la validità di questa tesi. È la piccola guerra, quella che viaggia sottotraccia, non captata dai radar dei media… Ma se accadesse in Europa anche una sola delle tragedie che tutti i giorni incrociano il cammino di chiunque viva qui, sarebbe sulle prime pagine. Nonostante questo, bisognerebbe saper fare ciò che a volte non ci riesce. Cioè ballare come sanno fare i congolesi, viaggiare al loro ritmo. Se qui si balla la Rumba, anche noi che viviamo qui dobbiamo ballarla. E così dimenticare i nostri manuali d’ uso, i centri di potere a Ginevra, New York, Roma o Bruxelles. C’ è una differenza tra il Paese reale e quello che le istituzioni internazionali pretendono che sia».
«Con Luca avevo un legame forte, scoprimmo di condividere valori e progetti. La prima volta che lo incontrai facemmo un lungo discorso e alla fine gli proposi di farmi viaggiare, per tutto il Paese, per conoscere la reale entità dell’ aiuto umanitario italiano in Congo, capire dimensioni e criticità di quello che è il nostro “core business”; ecco, questo, lo ha fatto lui stesso. Luca Attanasio ha dato al ruolo dell’ ambasciatore una nuova dimensione, che dovrebbe essere il ruolo di ogni diplomazia: portare la pace. E voleva capire come farlo attraverso le esperienze degli italiani, i nostri successi e i nostri errori. Stava portando l’ Italia e il Congo ad essere unite come mai prima. Non è banale e non era nazionalismo, anzi era proprio all’ opposto del nazionalismo. La sua era la diplomazia dell’umiltà e della tenacia, dell’ ascolto, della pazienza e della condivisione. Voleva affrancare l’ Italia, perché amava il Congo e teneva moltissimo a mostrare il nostro lavoro, di piccoli e medi imprenditori e di umanitari; voleva far arrivare qui le nostre eccellenze».
Impossibile cancellare il trauma del momento in cui Gabriele Salmi ricevette la notizia della morte dell’ ambasciatore. «Ricordo tanta confusione interiore, mentre scorrevo i terribili messaggi che mi arrivavano. Tutto intorno avevo la bellezza sfolgorante della natura, la sua calma, ritmata dal canto degli uccellini, mentre poco lontano Luca perdeva la vita, insieme al carabiniere e all’ autista. Cercai il suo numero, la sua foto, le decine di messaggi vocali che chissà se riascolterò mai. E pensavo alla sua famiglia, a sua moglie, alle bambine. Ogni volta che ci incontravamo me ne parlava. Era un marito innamoratissimo e un padre orgoglioso, era bellissimo».
Gli italiani che vivono in Congo hanno sentito le istituzioni congolesi e buona parte della popolazione stringersi intorno a loro, hanno fatto sentire il loro calore e il loro sostegno. I rapporti sono sempre stati sostanzialmente buoni, c’ è una buona collaborazione, considerando anche che la presenza italiana nel Paese non ha attualmente grandi investimenti. «Ma ora questa comunità italiana in Congo è smarrita, ha bisogno del lavoro di Luca, ha bisogno che il suo lavoro venga portato avanti», aggiunge Gabriele Salmi.
L’ambasciatore era affascinato da molti aspetti della società congolese, in particolare della storia precoloniale, dalla sua complessità. «L’aspetto che credo Luca Attanasio amasse di più era anche quello che lo faceva più soffrire: l’ enorme potenziale umano. Anche per questo, insieme alle attività umanitarie con la moglie, aveva cominciato la diffusione di un ambizioso programma di borse di studio per giovani congolesi attratti dalle possibilità di formazione in Italia. Potremo rendere il suo ricordo vivo e concreto continuando questo suo lavoro di tessitore, cucendo insieme le maglie dell’ Italia e del Congo, sia attuali, sia del passato e continuando il suo progetto di preparare un libro sugli italiani in Congo, per il quale promisi di aiutarlo. E poi occorre dar seguito alle borse di studio, importantissime, per permettere a decine di congolesi di realizzare i loro sogni e coi loro sogni, di realizzare quelli della loro famiglia, del loro quartiere, città, regione, nazione».
«La più grande ricchezza del Congo, sconosciuta e spesso resa vana – conclude Salmi – è il talento. Arriva costantemente in Occidente l’ immagine di un Congo povero, ma in realtà è un paese ricco e i congolesi lo dicono tutti i giorni: siamo ricchi, abbiamo talento, tanto, tantissimo. La vera miniera che ancora oggi, dopo più di un secolo, gli aiuti umanitari non sono riusciti o non hanno voluto far emergere appieno. In Italia, dal Congo, da decenni ci arrivano due tipi di immagini: bambini sorridenti e adulti armati. E cosa è successo? Perché quei bambini sorridenti di ieri si sono trasformati negli adulti armati di oggi e i bambini sorridenti di oggi rischiano di diventare gli adulti armati di domani? Quando sono cresciuti e hanno cominciato ad avere bisogni più strutturati, complessi, da adulti sono stati abbandonati. Sì, le frustrazioni pesano e quel sorriso fa presto a diventare altro e una parte di quei bambini sorridenti di ieri, sono gli adulti armati di oggi. Pochissimi hanno realizzato i loro sogni. Un esempio è Bismack Biyombo. Se fosse rimasto qui, il massimo a cui avrebbe potuto aspirare è un contratto come impiegato a 6/700 dollari al mese. Ha preso in mano il suo destino, andando a giocare nello Yemen prima e ora nell’ NBA, dove ha un contratto multimilionario. Non si è dimenticato del suo Paese, con la sua fondazione ha portato più di 30 ragazzi negli USA e due saranno al draft NBA dell’ anno prossimo, uno dei due viene proprio da Goma, là dove Luca Attanasio ha perso la vita».
Chiunque oggi conosca la Repubblica Democratica del Congo e sia nel mondo umanitario deve fermarsi e porsi delle domande. Che fanno male. Ma sono necessarie ed è necessario cambiare ritmo, muoversi al ritmo del Congo. Questo ci ha insegnato la diplomazia dell’ ambasciatore Luca Attanasio.
L’Ambasciatore Luca Attanasio e la moglie, Zakia Seddiki, in visita alla sede della onlus ALBA, guidata da Gabriele Salmi.
fonte: Famiglia Cristiana
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