Dottoressa aggredita a Taranto, incontro con i vertici Asl: «Niente dimissioni, è una specializzanda. Offerto supporto psicologico»

I vertici dell’Asl Tarano hanno incontrato la 32enne specializzanda in urologia, aggredita dai genitori di un bambino mentre era in servizio a Maruggio. Lo Smi: «Il problema non si risolve con il supporto psicologico»

di Cinzia Semeraro

Un incontro «cordiale» che è stato aggiornato a fine mese, «quando sarà possibile insieme cercare la soluzione che renda tranquilla la dottoressa». Così Gregorio Colacicco, direttore generale della Asl di Taranto, ha spiegato l’esito della riunione con la 32enne specializzanda in Urologia che, nella notte tra sabato e domenica scorsi, è stata insultata da una coppia di genitori mentre era in servizio nel presidio di continuità assistenziale di Maruggio, in provincia di Taranto. All’incontro hanno preso parte, in presenza, Gloria Saracino, direttrice del distretto di Manduria da cui dipende il presidio di Maruggio, e il direttore sanitario della Asl ionica, Sante Minerba, e da remoto, il sindaco di Maruggio, Alfredo Longo e il presidente dell’Ordine dei Medici di Taranto, Cosimo Nume.

Il riposo dopo i turni di agosto

Il dg ha chiarito che non ci sarà «nessuna dimissione da parte della collega che è una specializzanda inserita nella rete di formazione universitaria. Ha esaurito i turni del mese di agosto e ne approfitterà per riposare». Inoltre, «la direttrice del distretto si è detta disponibile a fornire anche un supporto psicologico al medico per superare quanto vissuto». «Spero che presto l’episodio possa essere archiviato dalla collega», aggiunge Colacicco auspicando che la 32enne possa completare «la sua formazione così come ha fatto finora».

Epifani: «Il problema non si risolve con il supporto psicologico»

Sulla vicenda interviene con un duro attacco Delia Epifani, segretaria regionale Puglia del Sindacato medici italiani (Smi). «È inammissibile che, in un contesto di scarsità di risorse, umane e non, i medici – dice – siano ancora costretti a lavorare senza alcuna tutela, esposti alla mercè di chi, nel bel mezzo della notte, si sente in diritto di aggredire verbalmente e fisicamente un professionista impegnato a rispondere ai bisogni di salute. È inaccettabile che ci si concentri sul “far cambiare idea” alla collega che, giustamente, non vuole più mettere piede in un posto non sicuro e non su come cambiare il sistema, l’organizzazione del lavoro, aumentano le tutele. È intollerabile che l’unico supporto proposto dalle istituzioni sia quello psicologico – attacca -, come se spostare l’attenzione sul sacrosanto disturbo d’ansia reattiva di chi viene aggredito sia il problema. Una pacca sulla spalla, un fazzoletto per asciugare le lacrime e qualche seduta dallo psicologo? Sono queste le soluzioni? Che faremo alla prossima aggressione? Che faremo alla prossima auto rigata, alla prossima minaccia di morte, al prossimo strattone? Qual è il programma delle Aziende Sanitarie e della Regione Puglia per rendere il lavoro dei medici un lavoro sicuro?». «Da sempre ci battiamo per la sicurezza sui luoghi di lavoro, in particolare per quelli di prima linea che spesso vengono dimenticati e bistrattati, come le ex Guardie Mediche, il 118 e il Pronto Soccorso», conclude. «Non si può più rimandare. L’episodio della collega medico in servizio a Maruggio non è il primo, ma deve essere l’ultimo. Servono sicurezza, tutele e severe punizioni per chi pensa che alzare la voce e le mani sia la soluzione per ottenere quello che si vuole».

La solidarietà del ministro Schillaci

Sul caso è intervenuto anche il ministro della Salute, Oronzo Schillaci. «Voglio rivolgere la mia vicinanza e solidarietà alla dottoressa aggredita a Maruggio in provincia di Taranto. Questo Governo si è impegnato da subito per contrastare il fenomeno inaccettabile delle aggressioni agli operatori sanitari», ha detto. «Come ho già annunciato, siamo pronti a valutare anche insieme alle categorie ulteriori iniziative da mettere in campo per fare in modo che medici e infermieri si sentano protetti. Non possiamo consentire – prosegue la nota – che la paura allontani il personale sanitario dagli ospedali. In questi due anni abbiamo adottato provvedimenti per migliorare i servizi e rafforzare le misure di sicurezza. Ma serve un cambiamento culturale e su questo dobbiamo lavorare uniti affinché i cittadini comprendano che la violenza non cura ma aggrava la situazione per chi ha bisogno di cure e assistenza».

 

 

fonte: CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

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