Nel Paese si trovano attualmente 1200 militari italiani ma “non sono più a rischio di prima”. Così il ministro della Difesa nell’informativa urgente alla Camera sugli esiti del vertice Nato di Washington
Autore: Mirko Gabriele Narducci
ROMA – I 1.200 militari italiani in Libano restano in quella che si prospetta sempre di più prossima zona di guerra per la situazione di crisi in Medio Oriente, “fin quando l’Onu continuerà di poter operare“. Il Ministro della Difesa Guido Crosetto, al termine dell’informativa urgente alla Camera sugli esiti del vertice Nato, tenutosi Washington dal 9 all’11 luglio, esprime tutte le sue preoccupazione per la possibile escalation il Libano e per la sicurezza dei militari italiani presenti nel Paese mediorientale, in missione Unifil per l’Onu. Allo stesso tempo, il ministro chiarisce che proprio la presenza di “diecimila soldati che appartengono all’Onu in quella zona può essere uno degli elementi che possa scongiurare l’avvio di “uno scontro diretto” e “mai come oggi può essere un elemento di pacificazione“.
“LA PRESENZA DI UNIFIL PUÒ EVITARE ESCALATION, MA ONU DIA GARANZIE”
“L’Italia continua a considerare il Medio Oriente di primaria importanza e a ritenere il Libano un elemento chiave per la sua stabilità. Per questo motivo confermo che noi continueremo a operare fin quando l’Onu continuerà di poter operare“, spiega quindi Crosetto all’Aula parlamentare. Anzi, ha sottolineato: “io sono convinto che la nostra presenza, quella di Unifil, sia in questo momento l’unico elemento che può portare stabilità ed evitare ulteriori escalation. Se è vero che questa missione non ha raggiunto l’obiettivo che si prefiggeva la risoluzione dell’Onu, e dobbiamo prenderne atto, non dobbiamo dire che tutto quello che è stato fatto va bene e che siamo bravissimi”. Nonostante questo, “proprio in questo momento, la presenza di diecimila persone, di diecimila soldati che appartengono all’Onu in quella zona può essere uno degli elementi che consente che non ci sia uno scontro diretto, che non parte uno scontro diretto. Mai come oggi può essere un elemento di pacificazione“.
Dopodiché, ha sottolineato Crosetto, “l’Onu proprio in questi giorni deve ribadire agli attori che sono in guerra, da una parte Israele, dall’altra l’Iran, Hezbollah, le forze armate libanesi, i Paesi che si sentono feriti da questo continuo della guerra e da ciò che succede a Gaza, che sono sempre di più, che quei soldati non sono alleati di una delle due parti, sono soldati che sono lì per l’Onu e per la pace“. Questo perché, ha concluso l’esponente del Governo Meloni, “il primo compito del ministro della Difesa e del ministero è quello di garantire la sicurezza dei militari. Il primo compito dei militari è quello di garantire la democrazia e le libere istituzioni, ma il primo compito di chi i militari, pro tempore, li guida, è quello di pensare alla loro sicurezza. E quello che io voglio è che quest’Aula sappia che è l’impegno principale che io, come i miei predecessori, svolgo ogni giorno, soprattutto in momenti di crisi come questa”.
“I NOSTRI MILITARI NON SONO UN TARGET DIRETTO”
Nel corso dell’informativa, il ministro ha toccato più volte il tema della crisi in Libano, spiegando che le preoccupazioni fossero già alte da tempo, tanto da ritenere che ad oggi “la sicurezza dei nostri militari non sia più a rischio che nei mesi scorsi”. “Quella che si prospetta- ha detto- è una situazione estremamente delicata e potenzialmente molto pericolosa, nella quale non può essere escluso un confronto militare in prossimità o sul territorio del Libano”. E ancora: “La preoccupazione del Governo e la mia, come ministro della Difesa, per la situazione in Libano era già alta in precedenza per i continui scambi di attacchi con droni, razzi, missili e artiglieria tra l’organizzazione di Nasrallah e l‘esercito di Tel Aviv“, ha proseguito Crosetto. Spiegando di aver “fin dal 7 ottobre scorso avviato una serie di contatti con le Nazioni Unite, in particolare con il segretario generale Guterres e il vicesegretario per le operazioni di pace, per sollecitare l’attuazione di tutte le possibili misure atte a garantire la piena sicurezza del personale Unifil e, al tempo stesso, a consentire alla missione di operare efficacemente, implementando e facendo rispettare il dettato della risoluzione 1701″.
Così, sono al momento oltre 1.000 i militari italiani impiegati nella missione Unifil e circa 200 quelli presenti a Beirut nella missione bilaterale Nibiru. Ma a oggi “ritengo che la sicurezza dei nostri militari non sia più a rischio che nei mesi scorsi”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, al termine dell’informativa. I soldati italiani, ha sottolineato infine Crosetto, “non sono un target diretto, abbiamo un ottimo apparato di intelligence. Tuttavia, potrebbero essere coinvolti incidentalmente negli scontri di tale parte, che diventano più frequenti e di crescente intensità. In questo senso mi sono fatto portavoce di questa preoccupazione in prima persona sia col mio omologo israeliano che con quello libanese. Stessa cosa hanno fatto il ministro Tajani e il presidente del Consigli affinché venisse rispettato il ruolo e l’integrità di Unifil e del personale che vi opera”.
fonte: Agenzia DIRE www.dire.it
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