Un recente studio dell’Istituto di ricerca in Biomedicina di Barcellona, pubblicato su Nature, getta un’ulteriore ombra inquietante su questo grasso saturo presente non solo nell’olio di palma, ancora diffuso in diversi prodotti industriali, ma anche nella carne, salumi, formaggi
di Ennio Battista
L’acido palmitico era già sul banco degli imputati soprattutto perché favorisce aterosclerosi e aumenta il rischio di patologie cardiovascolari. Un recente studio dell’Istituto di ricerca in Biomedicina di Barcellona, pubblicato su Nature, getta un’ulteriore ombra inquietante su questo grasso saturo presente non solo nell’olio di palma, ancora diffuso in diversi prodotti industriali, ma anche nella carne, salumi, formaggi. Secondo i ricercatori l’acido palmitico potrebbe favorire l’aggressività dei tumori aumentando il rischio di metastasi. Per dimostrarlo sono stati osservati i melanomi in cavie animali e cellule tumorali del cavo orale prelevate da un gruppo di pazienti, in seguito nutriti con diete ricche di acido palmitico. Che cosa hanno osservato? Questo grasso saturo, attivando l’espressione di alcuni geni, può rendere il tumore più aggressivo già nelle fasi iniziali, favorendo la metastatizzazione, ossia la possibilità di estendere il tumore in altri organi del corpo. Un altro dato inedito è che dopo avere smesso di nutrire le cellule tumorali con acido palmitico, queste non riducevano la loro aggressività, ma ne conservavano la memoria. Un fenomeno che non avviene però con altri acidi grassi alimentari, come l’acido oleico presente nell’olio extravergine d’oliva e l’acido linoleico, contenuto in vari semi.
A maggior ragione dobbiamo allora tenere conto delle fonti principali della nostra dieta alimentare quotidiana. A partire “dalla limitazione, in particolare, di cibi che hanno un alto contenuto di acidi grassi saturi che entrano nella costituzione dei trigliceridi, come salumi, formaggi a pasta dura, panna, margarina, mascarpone e dolci”, osserva il professor Pier Luigi Rossi, medico specialista in Scienza dell’alimentazione e docente all’Università degli Studi di Siena. E c’è da rilevare un dato ancora poco evidenziato: “Un eccesso di carboidrati può trasformarsi nel fegato in acido palmitico, tra i più aggressivi contro le pareti arteriose”, continua Rossi. Non solo quindi i grassi saturi contenuti negli alimenti citati prima, bisogna fare attenzione anche al consumo di zuccheri semplici e carboidrati raffinati. Siamo per esempio invasi dal fruttosio, contenuto nello sciroppo di mais presente in tanti cibi industriali. Quel mais utilizzato inoltre negli allevamenti intensivi come mangime per gli animali e che indirettamente assumiamo attraverso il consumo di carne. “Viviamo un inquinamento da eccesso di acido palmitico, noi stessi ci auto inquiniamo di questa sostanza. L’influenza dell’acido palimitico è da estendere quindi a diverse patologie, visto che contribuisce a uno stato di insulino-resistenza, contribuendo all’insorgenza del diabete, ostacola l’attività dell’ipotalamo che controlla l’ipofisi, con conseguenze negative anche sulla tiroide”, continua l’esperto.
La buona notizia è che sono numerosi gli alimenti che possono contrastare l’azione di questa sostanza. Come il già citato olio extravergine d’oliva. Non per niente la Fda statunitense ha concesso che l’extravergine – grazie all’acido oleico – venga reclamizzato come preventivo delle malattie cardiovascolari; oppure è fondamentale consumare cibi ricchi di “carotenoidi che sono molecole antagoniste dell’acido palmitico, contenuti per esempio in carote, zucca, pomodori; sì al consumo di verdura, il tutto da mangiare preferibilmente cotto per beneficiare di questa azione”, conclude Rossi.
fonte: il Fatto Quotidiano
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