Bambino Gesù, pubblicato uno studio internazionale per curare la sepsi nei neonati

L’ospedale del Papa ha partecipato alla ricerca che offre nuovi strumenti per fronteggiare il particolare tipo di infezione del sangue resistente agli antibiotici. Ogni anno nel mondo si contano 3 milioni di bambini colpiti e oltre 200 mila decessi, concentrati soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito

Eugenio Bonanata – Città del Vaticano

Uno studio internazionale mirato ad alleviare le sofferenze di tanti bambini soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove numerosi sono i neonati che ogni anno muoiono a causa della sepsi. Si tratta di un’infezione del sangue, oggetto di una ricerca condotta a livello globale tra il 2018 e il 2020 che ha dimostrato che molti bimbi perdono la vita perché gli antibiotici usati per curare la patologia stanno perdendo la loro efficacia. L’analisi, i cui esiti sono stati pubblicati in un articolo su PLOS Medicine, a cui ha contribuito un gruppo di oltre 80 ricercatori provenienti da quattro diversi continenti, ha coinvolto più di 3200 neonati affetti da sepsi in 19 ospedali di 11 Paesi: Bangladesh; Brasile; Cina; Grecia; India; Italia; Kenya; Sud Africa; Thailandia; Uganda; Vietnam. “La mortalità è risultata elevata, pari ad un bambino su cinque, soprattutto nei Paesi a medio e basso reddito”, spiega Maia De Luca, pediatra infettivologa del Bambino Gesù. “La diagnostica della sepsi – precisa – è difficile, perché il neonato ha sintomi e segni che sono spesso sovrapponibili con tante altre condizioni. I test sono di grandissimo supporto, ma in alcuni contesti del mondo l’accesso ai laboratori è ridotto”.

La resistenza agli antibiotici

C’è poi un altro aspetto da considerare: la resistenza agli antibiotici. “Purtroppo è in continua crescita in tutto il mondo”, prosegue la dottoressa De Luca. “Gli antibiotici attivi sui batteri multi resistenti sono poco testati soprattutto nell’adulto. E sono scarsi gli studi in età pediatrica e ancor meno in età neonatale”. Il quadro, ovviamente, è ancora più accentuato nelle zone del pianeta meno avanzate. Ecco, dunque, la valenza della ricerca che fornisce indicazioni preziose alla comunità scientifica per progettare nuovi studi clinici tesi a migliorare la diagnosi e la cura. Un percorso che vede in prima linea il Bambino Gesù. “Il nostro ospedale ha rappresentato un centro di controllo rispetto agli altri Paesi coinvolti”, prosegue De Luca, illustrando il contesto e i risultati della ricerca che è stata condotta dalla Global Antibiotic Research and Development Partnership (GARDP), in collaborazione con l’Università St George’s di Londra; con Penta – Child Health Research, una rete di ricerca scientifica indipendente che si occupa di salute materno-infantile, con sede a Padova; con il Medical Research Council Clinical Trials Unit dell’University College London, il cui gruppo di ricerca ha guidato l’analisi dei dati e, infine, con l’Università di Anversa.

Dottoressa Maia De Luca che cos’è innanzitutto la sepsi neonatale?

La sepsi è una risposta dell’organismo a un quadro infettivo grave che in genere coinvolge il torrente ematico: è causata solitamente da batteri, colpisce circa tre milioni di bambini l’anno e la mortalità può essere molto elevata, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Infatti, sono riportati decessi in oltre 200 mila neonati l’anno, soprattutto causati da batteri multi resistenti.

Come si fa la diagnosi di sepsi? Ci sono problemi per diagnosticarla? E, soprattutto, a cosa ci si affida per la cura?

La diagnosi della sepsi è spesso difficile, soprattutto nei primi mesi di vita del bambino, poiché i segni clinici possono essere poco evidenti. In questo, il laboratorio è di fondamentale importanza sia in termini di markers infiammatori, sia in termini di positività degli esami microbiologici.

Quindi come si cura? Con gli antibiotici?

La terapia della sepsi prevede l’utilizzo rapido e immediato di antibiotici ad ampio spettro che possono essere poi modificati sulla base delle risposte degli esami microbiologici.

Perché molte morti per sepsi sono legate all’antibiotico resistenza? Cosa succede?

La resistenza agli antibiotici, purtroppo, è in continua crescita a livello mondiale. Gli antibiotici attivi sui batteri multi resistenti sono poco testati, soprattutto nell’adulto. E sono purtroppo scarsi gli studi in età pediatrica e ancor meno in età neonatale. Oltretutto, nei Paesi in via di sviluppo, l’accesso a queste molecole è spesso difficile.

Di mortalità per sepsi neonatale si è occupato lo studio internazionale a cui ha partecipato anche l’ospedale pediatrico Bambino di Gesù. Perché è importante questa ricerca?

Lo studio aveva come scopo principale quello di raccogliere dati a livello mondiale sulla sepsi neonatale, concentrandosi soprattutto sul management diagnostico terapeutico e in particolare sulla mortalità. Purtroppo, la mortalità è risultata elevata a livello globale: nello studio sono stati coinvolti circa 3200 bambini in tutto il mondo, con una mortalità pari ad 1/5 che è risultata più elevata nei Paesi a medio e basso reddito. La diagnostica della sepsi, come accennato, è spesso difficile perché il neonato ha sintomi e segni che sono spesso sovrapponibili con tante altre condizioni. In questo, nei Paesi sviluppati, il laboratorio e i test ematici e microbiologici sono di grandissimo supporto. Ma l’accesso a questi test purtroppo è ridotto nei Paesi in via di sviluppo, per cui lo scopo principale del nostro studio è stato quello di individuare degli score clinici e laboratoristici sia di severità di malattia sia di evoluzione, per permettere al clinico di capire il momento adeguato per intensificare le cure.

Nell’ambito dello studio, qual è stato il ruolo del Bambino Gesù?

L’Italia all’interno dell’Europa è uno dei Paesi con maggiore esperienza nell’ambito della resistenza antimicrobica. E questo ha permesso negli anni di sviluppare tecnologie molto avanzate, sia in termini di diagnostica, sia in termini terapeutici. Quindi, il ruolo del Bambino Gesù è stato fondamentale all’interno di questo studio, perché il nostro ospedale ha rappresentato un centro di controllo rispetto agli altri Paesi coinvolti. Si è trattato di 19 nazioni appartenenti soprattutto al continente asiatico ed africano. Dunque, questo studio ha permesso di creare un network importantissimo fra 19 nazioni che si occupano dell’età pediatrica e soprattutto dell’età neonatale, questo permetterà di porre le basi per il futuro sul fronte dello sviluppo di nuovi studi nell’ambito della diagnostica, mirati ad individuare nuovi biomarcatori che possano supportare il clinico nella diagnosi di sepsi, ma soprattutto per studi di farmacocinetica e di farmacodinamica mirati all’epoca neonatale per l’individuazione di nuovi antibiotici attivi soprattutto nel trattamento e nella gestione delle infezioni da batteri multi resistenti.

 

FONTE: VATICAN NEWS

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