Antonella Galizia la studentessa pugliese che ha perso 30 chili. «In Puglia niente cure per la mia patologia, costretta ad andar via»

Prima bulimica poi anoressica. la drammatica testimonianza di una 25enne di Castellana e l’hub regionale, nonostante la posa della prima pietra del 28 marzo scorso al Fazzi di Lecce, non è mai partito

Antonella Galizia, 25 anni, pugliese di Castellana Grotte, studentessa di Giurisprudenza alla Luiss Guido Carli di Roma, lei, a causa di una grave forma di disturbo del comportamento alimentare è stata costretta a tornare a casa per essere accudita dai suoi famigliari, ma l’impatto con la sanità pugliese sarebbe stato a dir poco traumatico, tanto da determinarla a inviare una videolettera di protesta al governatore Emiliano.
«Sì, ma il governatore non mi ha nemmeno risposto. Il video si può vedere su Facebook. Sono stanca di scontrarmi con un sistema sanitario che mi nega le cure. La sanità è a pezzi e non ci sono i giusti mezzi per lottare contro le malattie. Ovviamente io parlo per me che soffro di disturbi alimentari. Una patologia che mi fa vivere il dramma della solitudine. Devo cambiare residenza e andare a Roma per ricevere il supporto di cui ho bisogno, perché qui mi sto ammalando sempre di più. La mia condizione fisica e mentale stanno diventando sempre più gravi».

Di che cosa avrebbe bisogno in particolare per combattere contro la sua malattia?
«Di una struttura che curi i disturbi alimentari dotata di degenze, ma la Puglia ne è sfornita. Ho fatto già nove pressoché inutili accessi in pronto soccorso perché non so a chi chiedere aiuto. Ho inviato e-mail, ma nessuno mi ha risposto. Ora sono proprio stanca. Sono passata dall’anoressia alla bulimia. Ho perso trenta chili. Sto molto male perché vomitò tutto ciò che assumo».

Lei, però, non ha l’aspetto di una persona deperita fisicamente.

«Certo, non è sempre così. Io, ripeto, ho perso trenta chili partendo da una situazione di sovrappeso. Ma questo non significa che non ho nulla. Tutt’altro. Io soffro di una grave forma di disturbo della nutrizione che, quando sto male, mi obbliga a recarmi in Pronto soccorso perché non ho altra scelta in quando non vengo indirizzata negli ambulatori che si occupano delle mie patologie e neppure nei centri diurni che, comunque, non fanno al caso mio. Perché ho bisogno della degenza e questo servizio in Puglia non c’è».

Lo sa che all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce è previsto l’hub regionale per questo tipo di disturbi, con una decina di posti letto di degenza, ma che malgrado la cerimonia di inizio lavori il progetto è ancora in alto mare, come apprendiamo da fonti accreditate?
«Sì lo so, da Lecce mi hanno anche chiamata, ma ad oggi dispongono solo di un centro diurno ed io ho bisogno di essere ricoverata perché sto male».

Antonella Galizia la studentessa pugliese che ha perso 30 chili. «In Puglia niente cure, costretta ad andar via»

La posa della prima pietra nei locali dell’ospedale Vito Fazzi destinati alla cura dei disturbi alimentari risale al 28 marzo scorso. A fare da madrina Loredana Capone

E lo sa che il 28 marco scorso fu celebrata la posa della prima pietra pietra di quel nuovo reparto senza che i lavori fossero stati avviati e in assenza di un progetto?
«Lo so bene. Ho letto quel che è accaduto, ma non so se, nel frattempo il progetto sia andato avanti. I fatti parlano da soli. Io non riesco a trovare un posto letto»

A quella cerimonia, in piena campagna elettorale per le amministrative, fu piantato simbolicamente un albero di pesco alla presenza della presidente del Consiglio regionale, Loredana Capone, del sindaco Carlo Salvemini, in corsa per un nuovo mandato, e di Caterina Renna, responsabile del Centro per la cura dei disturbi del comportamento alimentare di Lecce e fresca di candidatura al fianco del primo cittadino.
«È triste. Io per l’assenza di posti nelle strutture, non sono stata presa in carico, malgrado mi trovi in una situazione di gravità dichiarata molto alta. Dirò di più, il fatto che dalla struttura di Altamura sia stata sempre indirizzata più volte al Centro di salute mentale, mi ha creato anche uno stigma psicologico. Come se non bastasse il fardello della malattia. Ora non mi resta che cambiare regione».

 

 

FONTE: CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

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