Luisito Suarez, mito del calcio spagnolo, del Barcellona e dell’Inter, si è spento questa notte all’età di 88 anni. Dotato di una visione di gioco straordinaria e di una tecnica impeccabile, Suárez è stato uno dei giocatori più influenti del suo tempo., vincendo la Coppa dei Campioni con l’Inter, gli Europei con la Spagna e un Pallone d’oro a titolo personale, nel 1960. Nato il 2 maggio 1935 a La Coruña, in Spagna, dopo aver dimostrato il suo talento nel calcio fin da giovane, è stato notato dai talent scout dell’Inter.
Nel 1961, a soli 26 anni, Suárez è stato ingaggiato dall’Inter, una delle squadre più prestigiose del calcio italiano. E avuto un impatto immediato con i nerazzurri: il suo stile di gioco elegante e la sua capacità di creare occasioni per i compagni di squadra gli hanno permesso di diventare un elemento chiave nella squadra. Suárez è stato un calciatore completo, in grado di giocare sia come centrocampista offensivo che come centrocampista centrale.Nel corso della sua permanenza all’Inter, Suárez ha contribuito a una serie di successi significativi per il club. Ha vinto tre campionati italiani consecutivi dal 1963 al 1965 e ha contribuito al trionfo dell’Inter nella Coppa dei Campioni nel 1964 e nella Coppa Intercontinentale nello stesso anno. Inoltre, è stato il primo calciatore spagnolo a vincere il Pallone d’Oro nel 1960.
Proprio la società nerazzurra ha espresso il proprio cordoglio con un lungo articolo sul sito ufficiale del club, spiegando che “sono migliaia i giocatori che hanno vestito la maglia dell’Inter. Chi per centinaia di partite, chi soltanto per qualche minuto. Tutti hanno un posto nella memoria dei tifosi, hanno in qualche modo segnato un pezzetto di storia del Club. 115 anni di storia sono tanti: ci sono partite, vittorie, sconfitte, serate leggendarie, notti difficili. Le storie e i personaggi, gli intrecci. Poi ci sono le stelle fisse, quelle che hanno illuminato in maniera talmente brillante il percorso nerazzurro da essere lì, per sempre: luccicanti come lo sono stati, da calciatori e da personaggi. Unici, inimitabili, indimenticabili”.
Tra questo, appunto, Luis Suárez Miramontes: “Impossibile fare classifiche, difficile anche racchiuderlo in una descrizione. Avesse giocato ai giorni nostri, i social sarebbero intasati dai video delle sue giocate. Ce li immaginiamo i Tik Tok con i suoi lanci millimetrici, i reel con i suoi dribbling. In un mondo che attribuisce etichette e facili esaltazioni, Luisito, fin da ragazzo, è stato il “maestro”. Perché indossava la dieci, giocava a testa alta, usava il destro e il sinistro”.
L’Inter ricorda un Suarez che “ha letteralmente architettato i trionfi nerazzurri: lui, il 10 della Grande Inter, assieme ai compagni formò quella filastrocca unica e leggendaria di nomi che conquistarono 3 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali. C’è uno schema classico che davvero oggi riempirebbe tutte le bacheche di appassionati, esperti, studiosi: Suarez dribblava, poi quasi con leggerezza, lanciava. Il pallone arrivava sempre, 40 metri più avanti, prima che tutti potessero capire. E quel pallone era lì, si adagiava preciso per la corsa del compagno, la maggior parte delle volte Giacinto Facchetti”. E poi ancora “l’amicizia con Armando Picchi, il legame con tutto il mondo nerazzurro, la voglia di trasmettere la propria idea di calcio anche nelle vesti di allenatore e commissario tecnico.
Al servizio dell’Inter, si è seduto per tre volte sulla panchina nerazzurra, poi nelle vesti di osservatore e dirigente ha firmato, tra gli altri, l’arrivo di Ronaldo”. Salutare Luisito “ci lascia una malinconia profonda: la nostalgia del suo calcio perfetto e inimitabile, che di fatto ha ispirato generazioni, si unisce al ricordo di un calciatore unico e di un grande, grandissimo interista. Ci mancherà, perché come predicava Helenio Herrera, “Se non sapete cosa fare, date palla a Suarez”.
Fonte: 9Colonne
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