L’epitaffio di Abercio, vescovo di Ierapoli (o Hierapolis) in Frigia, è una testimonianza straordinaria del cristianesimo primitivo, e fornisce uno sguardo profondo nella spiritualità e nelle credenze di quel periodo. Questo articolo esplorerà il contesto storico, la scoperta dell’epitaffio e il motivo per cui Abercio ha scelto di esprimere la sua fede attraverso la “disciplina dell’arcano”.
di Salvatore Stano
Abercio visse nel III secolo, un’epoca segnata da tensioni e cambiamenti politici. La sua Vita narra le sfide che affrontò come vescovo durante il periodo in cui Marco Aurelio e Lucio Vero emisero un decreto che richiedeva sacrifici diffusi. La sua storia di distruzione del tempio di Apollo a Ierapoli e la sua predicazione nel Foro, accompagnate da miracoli, contribuirono a diffondere la fede cristiana.
La scoperta dell’epitaffio avvenne nel 1882, quando l’archeologo William M. Ramsay trovò frammenti dell’iscrizione nelle antiche terme di Ierapoli. Questo reperto, insieme a un’altra iscrizione di un certo “Alexandros figlio di Antonio” che riproduceva l’inizio e la fine dell’epitaffio del vescovo di Ierapoli, offre una testimonianza tangibile della vita e della fede di Abercio. L’anno successivo, 1883, lo stesso Ramsay rinvenne altri due frammenti della vera epigrafe di Abercio e l’iscrizione venne così interamente confermata.
Preservare la sacralità attraverso il simbolismo
La peculiarità dell’epitaffio di Abercio risiede nella sua espressione appartenente alla disciplina dell’arcano. Questo termine si riferisce a una pratica diffusa nell’antichità cristiana, in cui alcuni insegnamenti o simboli venivano custoditi come segreti all’interno della comunità. Abercio utilizzò un linguaggio criptico e simbolico per esprimere la sua fede, rivolgendosi a un pubblico più ampio attraverso metafore e espressioni simboliche dense di significato dogmatico.
Contenuto dell’epitaffio e simbolismo
Ecco di seguito l’epitaffio:
«Cittadino di eletta città, mi sono fatto questo monumento da vivo, per avere qui nobile sepoltura del mio corpo, io di nome Abercio, discepolo del casto pastore che pascola greggi di pecore per monti e per piani, che ha occhi grandi, che dall’alto guardano per ogni dove. Egli infatti mi istruì in scritture degne di fede … il quale mi inviò a Roma a contemplare la reggia e vedere la regina in aurea veste ed aurei sandali; e vidi colà un popolo, che porta un fulgido sigillo. Visitai anche la pianura e le città tutte della Siria e, passato l’Eufrate, Nisibi, ed ovunque trovai compagni … avendo Paolo con me … e dappertutto mi guidava la fede e m’imbandì per cibo il pesce di fonte grandissimo, puro, che prende la casta vergine e lo porge a mangiare agli amici ogni giorno, avendo un vino eccellente, che ci mesceva con acqua insieme al pane. Queste cose ho fatto scrivere qui io Abercio in mia presenza; settantadue anni avevo per verità. Chiunque intende quel che dico e sente come me, preghi per Abercio. Ma che nessuno metta un altro nel mio sepolcro; se no, pagherà all’erario dei Romani duemila monete d’oro ed alla mia buona patria Ierapoli mille».
L’epitaffio di Abercio, composto da 22 versi esametri, racconta la sua esperienza di fede e presenta numerosi simbolismi cristiani. Abercio si identifica come discepolo del “casto pastore”, ovvero Gesù Cristo, e narra i suoi viaggi attraverso diverse regioni, incluso un soggiorno a Roma. Nell’epitaffio emergono diversi simboli cristiani:
- Il casto pastore: riferimento a Gesù Cristo come il Buon Pastore che guida e protegge il suo gregge.
- Gli occhi grandi: descrizione divina di Dio o di Cristo con occhi onniscienti che guardano da un piano spirituale superiore.
- La reggia e la regina a Roma: simbolismo della Chiesa come reggia di Dio e la comunità cristiana come regina adornata di virtù e fede.
- Il popolo con il fulgido sigillo: rappresentazione dei cristiani battezzati, con il sigillo associato al sacramento del battesimo.
- I viaggi e il compagno Paolo: viaggi come simbolo della diffusione del cristianesimo, con Paolo che potrebbe riferirsi all’Apostolo Paolo e agli scritti di lui.
- Il pesce di fonte grandissimo: richiamo al simbolismo cristiano del pesce (Ichthys), associato a Cristo e all’Eucaristia. Il termine “Ichthys” è la traslitterazione dalla lingua greca della parola “pesce”. In ambito cristiano, “Ichthys” è diventato un acronimo con un significato simbolico. Ogni lettera di questa parola greca rappresenta una parola o un concetto associato alla fede cristiana. L’acronimo completo è:
I – Iēsous (Gesù)
C – Christos (Cristo)
TH – Theou (Dio)
Y – Yios (Figlio)
S – Sōtēr (Salvatore)
Quindi, “Ichthys” può essere tradotto come “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore”. Questo simbolo del pesce è stato utilizzato storicamente dai cristiani come segno di identificazione e solidarietà durante i periodi in cui la pratica aperta della fede cristiana era limitata o pericolosa.
- Il vino eccellente con acqua e pane: sssociazione con il sacramento dell’Eucaristia, con il vino che simboleggia il sangue di Cristo.
- La casta vergine: rappresenta Maria, la madre di Gesù, che concepì e diede alla luce Gesù Cristo in modo verginale, secondo la fede cristiana. Il termine “casta” sottolinea la purezza e la santità di Maria, che nella tradizione cristiana è considerata la Madre di Dio.
- Settantadue anni: possibili significati simbolici, potrebbe rappresentare la totalità e l’universalità della missione di Abercio o fare riferimento ai 72 discepoli inviati da Gesù in alcune tradizioni.
L’epitaffio di Abercio non solo offre un’importante testimonianza del cristianesimo primitivo, ma anche un esempio della pratica della “disciplina dell’arcano”. La scelta di Abercio di esprimere la sua fede attraverso un linguaggio simbolico e criptico riflette il desiderio di preservare la sacralità delle sue esperienze spirituali in un contesto in cui il cristianesimo stava consolidando la sua identità.
Le notizie del sito EasyNews24 sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte e l’indirizzo web: www.easynews24.it
Be the first to comment on "Abercio di Ierapoli: Un epitaffio risalente al III secolo riporta la disciplina dell’«arcano» delle primitive comunità cristiane."