L’origine del Nome
Yeshu’a in aramaico (la lingua di Gesù); Iesous, in greco; Iesus in latino. In italiano Gesù.
Il 3 gennaio si ricorda il Santissimo Nome di Gesù, che “… che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore!” (Fil 2,9-11).
Il nome di Gesù
Secondo l’evangelista Matteo, il nome fu imposto al figlio partorito da Maria da Giuseppe, come annunciato dall’angelo in sogno (1,20ss). Un nome frutto dell’obbedienza: in osservanza alla tradizione ebraica, l’8° giorno dopo la nascita, il neonato veniva circonciso e gli veniva dato il nome che quasi sempre conteneva un’invocazione a Dio. Anche a Gesù, ebreo di nascita perfettamente inserito nella storia del popolo ebraico tocca un nome che lo pone nell’alleanza tra Abramo e Dio. L’evangelista Matteo, nel capitolo 1, ci presenta la genealogia di Gesù che va interpretata alla luce dell’annotazione attraverso la quale l’evangelista richiama chiaramente l’attenzione: “La somma di tutte le generazioni da Abramo a Davide è di quattordici; da Davide alla deportazione di Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione di Babilonia a Gesù è di quattordici” (1,17). Attraverso questa cornice Matteo ricalca in un certo senso Genesi 2,4a “Questo è…il libro della genesi”, quasi a proiettare Gesù sullo sfondo delle origini. In questo modo l’origine storica di Gesù si salda più direttamente a quella di Davide sulla quale si innesta la speranza della venuta del Messia per tutti i popoli.
Chi invocherà il nome di Gesù sarà salvo
In questo modo Gesù viene presentato come colui che compie le promesse messianiche: “Chiunque crede in lui non sarà deluso… Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (At 2,20; Rm 10,12-13). L’esperienza di Pietro e Giovanni, descritta negli Atti, ne è un ulteriore esempio: “Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: “Guarda verso di noi”. Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!”. Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio” (At 3,1-8).
La devozione di san Bernardino da Siena
A coltivare particolare devozione al Santissimo Nome di Gesù fu in particolare il francescano san Bernardino da Siena (1380-1444), che recupera il Trigramma IHS – già presente nel III secolo fra le abbreviazioni utilizzate nei manoscritti greci del Nuovo Testamento – e pone come sfondo il sole raggiante a 12 raggi in campo azzurro. Tenuto conto che “IHS” sono le prime tre lettere del nome Gesù in greco, il messaggio che ne deriva è che Gesù è il “sole” che irradia la sua luce attraverso i Dodici apostoli, cioè la Chiesa. Questo simbolo divenne una sorta di “firma” di san Bernardino e della famiglia francescana.
La dolcezza del Nome in san Francesco
Le catechesi attorno al santissimo Nome di Gesù permettevano di aiutare i fedeli a fissare lo sguardo del cuore al mistero stesso di Gesù, a cominciare dalla povertà della grotta in cui nacque. A tal proposito è utile ricordare l’esperienza di san Francesco d’Assisi, il quale – ci riportano le Fonti francescane – “Era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole”.
Nel 1530 papa Clemente VII autorizzerà l’ordine francescano a recitare l’Ufficio del santo Nome di Gesù. Mentre la Compagnia di Gesù (i gesuiti) contribuisce a sostenerne il culto, prendendo il trigramma (IHS) come emblema della Compagnia. Dal 1721 la memoria liturgica fu estesa a tutta la Chiesa da papa Innocenzo XIII; negli anni ’70 del Novecento fu soppressa e san Giovanni Paolo II la inserì nuovamente nel Martirologio Romano al giorno 3 gennaio.
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